Metamedicina: guarire o nascondere ?

Negli ultimi secoli, il concetto di malattia è stato completamente stravolto.
La malattia viene vista come un nemico, come un problema fastidioso e a volte pericoloso, da distruggere, eliminare, annientare nel più breve tempo possibile. Senza chiedersi perché è arrivata e perché proprio in quella zona del corpo…
Pensate ai miliardi spesi per la ricerca della cura di innumerevoli malattie, e raramente alla loro causa reale. E quando si parla di prevenzione si parla solo di alimentazione, di vaccini preventivi, di operazioni preventive (??!!), e quasi mai di tossine (i metalli pesanti sembra non esistano, anche se sono causa di moltissime malattie anche molto invalidanti, non ultimo il cancro) e raramente della nostra parte più importante, le emozioni e i sentimenti.

Certo, in un’epoca molto razionale, che importanza hanno le emozioni, i sentimenti… Ma quando si sta male emotivamente, non si sta nemmeno bene a livello fisico, tranne usando una grande forza di volontà per “tirare” avanti, senza onorare il proprio dolore.

Anni fa ho attraversato un momento molto difficile della mia vita, e faticavo molto a ritornare alla normalità, visto che lacrime e tristezza mi attraversavano ogni giorno. Ricordo che una persona mi disse che secondo lei ero debole di carattere, nel non saper gestire queste emozioni. Al momento pensai avesse ragione..
Con la Metamedicina invece ho ri-scoperto che tutto quello che non si esprime emotivamente si esprime attraverso il corpo, e che mostrare i propri sentimenti, le proprie emozioni senza nasconderle o chiuderle, non solo ci preserva da malattie, ma soprattutto è sintomo di coraggio.
Pensateci bene: quanto coraggio ci vuole a piangere in pubblico? E quanto ce ne vuole per bloccare le lacrime?
Il coraggio di piangere io lo chiamo “amare sé stessi”. Se io amo senza condizioni una persona, la amo qualunque cosa faccia: che pianga, che urli, che perda il lavoro, che salti dalla gioia. Questo, secondo me, è amore vero.

Se allo stesso modo io amo me stessa, mi amo qualunque cosa io faccia, e quindi se piango in pubblico avrò compassione di me, del mio dolore, e sarò felice di avere il coraggio di farlo, perché sento di farlo, e poi starò meglio, molto ma molto meglio.

Quindi abbiamo scoperto un punto focale della Metamedicina: se esprimo quello che ho dentro di me, il mio corpo non deve farsene carico. Ma allora, se è luogo comune dire che “sono sempre i migliori che se ne vanno per primi”… potrebbe essere che semplicemente sono “migliori” perché non esprimono il loro dolore interiore (attraverso pianto, rabbia, depressione e che magari ormai non sentono nemmeno più)? Non potrebbe essere che essendo persone molto chiuse, abbiano imparato (per insegnamento, carattere o convinzione) a nascondere molto bene le loro emozioni costringendo il loro corpo ad esprimere da qualche altra parte tutto questo dolore inespresso?
E’ un’ipotesti, ma potrebbe essere che chi esprime maggiormente il suo sentire, siano solitamente le persone che vivono più a lungo? Pensate a chi si lamenta di ogni problemino e guarda caso, sopravvive al suo coniuge che non si è mai lamentato in vita sua. E non potrebbe essere per lo stesso motivo che le donne, così emotive, vivano più a lungo degli uomini, cui è stato insegnato (insegnato?? Obbligato direi) a non esprimere le loro emozioni (“Sei un ometto”, “I maschietti non piangono”, ecc.) ? Sarà forse un caso?

Ritornando al motivo per cui nascono le malattie, al giorno d’oggi non si fa nulla per comprendere (e risolvere) il motivo scatenante. Se arriva una cistite non si pensa ad esempio, ad una probabile rabbia per mancanza/invasione di territorio, ma si prende un medicinale; ma siccome la rabbia rimane (non è stata risolta) la cistite diventa cronica. Lo stesso per un mal di gola cronico (non esprimo la mia rabbia?), per una psoriasi (una sensazione di separazione o di mancanza?), per una miopia (paura/preoccupazione per il futuro?), raffreddore (stanchezza?), eccetera eccetera eccetera. Prendere un medicinale (allopatico o alternativo poco importa) va benissimo, ma se non risolvete la causa il problema ritorna, o migra da altra parte. Non è un caso che una dermatite curata con i medicinali diventi con il tempo un’asma. Curatela come credete, ma cercate anche di capire il segnale che vuole darvi, altrimenti ritorna, anche sotto un’altra forma.

Per quanto riguarda la Metamedicina, potremo dire che è una strada che permette di entrare dentro di noi e scoprire (con l’aiuto dei libri o di un seminario o di un consulente/relatore di aiuto autorizzato) e poi sciogliere il meccanismo a cui è legata una determinata ferita che sta generando (a nostra insaputa) un malessere o una malattia: ci porta in pratica a prendere coscienza di quello che è ancora irrisolto o bloccato dentro di noi, e che il più delle volte abbiamo scordato, cancellato o rimosso.

Provate a pensare ad un bel gatto che riposa pacifico in un lussureggiante giardino, quando ad un tratto gli arriva un secchio di acqua. Potrete star certi che difficilmente tornerà in quel giardino, in quanto la sua memoria emotiva gli ricorderà che c’è pericolo. Ma mettiamo che la secchiata sia arrivata per errore, ce che chi l’abbia lanciata non lo aveva visto e si sia poi sentito in colpa. La memoria emotiva del gatto non lo sa, sa solo che quel giardino è da evitare. E questo potrebbe essere un peccato, perché in quel giardino c’è sempre del buon cibo per lui, e magari anche la tranquillità e l’amore che lui da sempre sta cercando.

Questo articolo è un po’ come quella secchiata: può farvi scappare, oppure mettervi un piccolo, ragionevole dubbio. Se è il vostro caso vi invito a dare un’occhiata ai libri di Claudia Rainville, da “Ogni sintomo è un messaggio”, al “Dizionario della Metamedicina”. Buon cammino 🙂

Pubblicato da Susanna

Naturopata, Consulente ed animatrice di Metamedicina, aromatologa, floriterapeuta, numerologa, scrittrice.

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